Infermieri italiani nel Regno Unito: facciamo il punto della situazione.

Sappiamo tutti che la Brexit e la situazione di incertezza nello status dei cittadini Europei nel Regno Unito stanno contribuendo a diminuire il flusso in entrata di professionisti, anche appartenenti al settore sanitario.

Peccato che ormai manchino più di 40.000 infermieri solo nell’NHS, il Servizio Sanitario pubblico.

Tuttavia, le grandi campagne di recruitment del quadriennio “d’oro” 2013/2017 sono ormai cessate. I Trust inglesi, salvo rari casi, hanno smesso di organizzare campagne di assunzioni in Italia, Spagna, Portogallo e di importare infermieri in blocco, spesso direttamente all’uscita dall’università. Ora gli investimenti si dirigono in massima parte nelle Filippine, tradizionale bacino di infermieri disposti a trasferirsi dall’altra parte del mondo, e nelle ex colonie britanniche.

In soli due anni, il numero dei nuovi iscritti al Registro NMC provenienti da Paesi dell’Unione Europea è crollato del 90%, passando da 8.800 nel 2015/2016, ai miseri 800 del 2017/2018, con l’Irlanda ora diventata, per motivi linguistici, la principale “riserva di caccia”.

Photo: NMC.

Ma non è solo colpa della Brexit: alla radice del crollo ci sono anche i test linguistici IELTS/OET, introdotti nel 2016, che hanno rappresentato una barriera spesso difficile da valicare.

Contemporaneamente, gli infermieri extracomunitari arrivati nel paese sono triplicati nell’ultimo anno, passando dai 2.720 dell’anno scorso, ai 6.157 di quest’anno (fonte: NMC). La semplificazione della procedura di iscrizione al Registro potrebbe aver aiutato.

Pertanto, il rapporto tra infermieri comunitari e non è tornato alle proporzioni antecedenti alla “grande ondata”, iniziata nel 2010/11 e divenuta enorme sul Regno Unito nel 2013/14, quando gruppi di decine di professionisti venivano assunti in tempi record, in blocco, con colloqui condotti direttamente in Spagna, Italia e Portogallo.

Photo: The Health Foundation.

L’analisi dei trend, tuttavia, ci restituisce ancora un quadro parziale del contesto: è vero che gli infermieri europei non arrivano più come in passato, ma quelli che sono già qui, restano o se ne vanno?

Osservando ancora l’andamento di coloro che hanno abbandonato il Registro NMC negli ultimi due anni, il termine più appropriato è quello di controesodo: oltre 7.200 infermieri europei si sono infatti cancellati dal registro, a fronte di appena 1.800 nuovi iscritti.

E gli italiani, che fine hanno fatto? I dati sui dipendenti NHS indicano numeri ancora consistenti.

La presenza italiana nel settore pubblico si è ridimensionata, passando dai 2.780 dipendenti NHS del Dicembre 2016 (fonte: Nursing Times) ai 2.351 del Marzo 2019 (fonte: House of Commons), e scivolando al quarto posto tra le comunità europee, dietro Irlandesi (4.568), Portoghesi (3.074) e Spagnoli (2.962).

Photo: House of Commons.

A questi vanno però aggiunti 1.336 operatori di supporto; in molti casi, si tratta di tecnici od infermieri che lavorano in UK come HCA o carers, non avendo ancora ottenuto l’iscrizione presso l’NMC.

Photo: House of Commons.

Le cifre relative al personale NHS costituiscono ovviamente la grande maggioranza dei professionisti presenti nel Regno Unito, ma non vanno trascurati anche gli infermieri che lavorano nel settore privato, prevalentemente nelle nursing homes e quelli che sono rientrati in Italia, ma conservano l’iscrizione al Registro.

Sommando tutti i numeri, si arriva alla cifra (aggiornata a Gennaio 2019) di 4.187 Registered Nurses italiani in Gran Bretagna (fonte: si ringrazia la collega Anna Giulia Meloni), cui bisogna poi aggiungere alcune centinaia di ostetriche. Non si è molto lontani, insomma, dalla cifra di 5.080 iscritti, riportata in una richiesta presentata all’NMC ai sensi del Freedom of Information Act, nel Marzo 2017.

Al di là di un prevedibile calo post-Brexit e post-IELTS e di fisiologiche sostituzioni, con infermieri che arrivano ed altri che rientrano, i dati indicano quindi che, in linea di massima, i professionisti italiani espatriano in UK per rimanere ed ottenere quei traguardi lavorativi che spesso sono ancora loro preclusi in Patria.

Nonostante il continuo martellamento mediatico, che continua a prefigurare foschi scenari post-Brexit ed esercita una pressione psicologica ai limiti dell’intimidazione, continuiamo a tenere duro.

Siamo rimasti. Siamo cresciuti. Molti di noi hanno già conseguito risultati di rilievo. Sappiamo che un servizio sanitario in cui l’80% delle carenze organiche è compensato attraverso il sistema dello straordinario (bank) o ricorrendo alle agency (fonte: Nuffield Trust) continuerà ad avere bisogno di infermieri e medici stranieri per decenni. Anche il popolo inglese, forse ignorante della contraddizione, richiede la nostra presenza; nel 2018 il 71% ha dichiarato, in un sondaggio, che il Regno Unito dovrebbe continuare ad attirare professionisti della sanità dall’Unione Europea (fonte: The Health Foundation).

Questo paese, per quanto ci abbia accolto, non è però il nostro; questa “nave” non ci appartiene e se la Brexit la dovesse affondare, è prevedibile che in molti si attrezzeranno con scialuppe di salvataggio.

Ma per ora si continua a navigare insieme, anche se a vista, nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico.

Luigi D’Onofrio

Italian Nurses Society

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